Smart Working: le opportunità del lavoro agile

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Smart Working: le opportunità del lavoro agile

Dal 1° gennaio 2023, la normativa di riferimento relativa allo smart working o lavoro agile (D. Lgs. 81/2015 così come riformato) per l’esecuzione della prestazione di lavoro in tale modalità, prevede due obblighi per il datore di lavoro:

  • quello di redazione nonché sottoscrizione di un accordo
  • e quello di successiva comunicazione al Ministero del Lavoro.

Al di là di ogni giudizio ed opinione su come il legislatore abbia stabilito di disciplinare e regolamentare lo smart working, in maniera più o meno rigida o più o meno flessibile a seconda di come si possano interpretare i suddetti due obblighi, permane inalterato un principio cardine che soggiace al lavoro agile e che, oltre al periodo di forzatura pandemica, appare come necessario ed inderogabile: la volontà del datore di lavoro di applicare all’interno della propria organizzazione questa peculiare modalità di lavoro.

Atteso che non tutte le mansioni possono essere svolte “agilmente”, la scelta di adottare lo smart working in azienda presuppone un’attenta analisi dei pro e dei contro che ne possono derivare, coinvolgenti sia i propri collaboratori da un lato che la stessa organizzazione dall’altra. 

Osservando tale fenomeno da un punto di vista del lavoratore è innegabile che possa rappresentare una modalità di lavoro alquanto attraente e vantaggiosa, soprattutto nell’ottica di poter realmente conciliare i tempi di vita privata con quelli lavorativi, delineandosi lo smart working come emblema della flessibilità lavorativa in termini di orario e di luogo di svolgimento della prestazione, per lo meno nella sua accezione più pura ed ideale; in aggiunta si rilevi come tale modalità di lavoro possa rappresentare un’opportunità vantaggiosa di risparmio, da un lato in termini prettamente economici di spese di trasporto (oltremodo rilevante in virtù dei rincari attuali del costo del carburante) e dall’altro in termini di tempo e di benessere psico-fisico rifuggendo ingorghi stradali, code semaforiche ed autostradali e relativi rischi di sinistri e stati di stress ed ansia correlati.

Ad una più attenta analisi anche il lavoratore, però, potrà percepire possibili aspetti negativi che possono derivare dal lavorare a distanza dalla sede del proprio datore di lavoro: anzitutto le spese relative alle utenze della propria abitazione che potrebbe inoltre rivelarsi inadeguata allo scopo lavorativo, magari priva di spazi ed ambienti idonei sia da un punto di vista fisico e spaziale che da un punto di vista più latamente ambientale (sopportazione di abitudini e necessità di conviventi e famigliari, distrazioni domestiche, interruzioni extralavorative, ecc.); inoltre vi è da considerare il rischio concreto di distacco eccessivo e prolungato dall’ambiente di lavoro, con la conseguente perdita di quel contatto relazionale fisico con i colleghi, con i responsabili e con i collaboratori, rilevante ed indispensabile per lo svolgimento di determinate attività lavorative oltre che necessario per mantenere e costruire rapporti con nuovi e vecchi colleghi ed alimentare il senso di appartenenza all’azienda, da cui possono scaturire maggiore coinvolgimento e maggiore motivazione al lavoro.

Trasferendo lo sguardo sul datore di lavoro i benefici dell’applicazione dello smart working possono individuarsi nel risparmio, tra gli altri, dei costi immobiliari (energetici e gestionali), dei costi di utilizzo e gestione del parco auto aziendale; in second’ordine, ma non certo per ordine d’importanza, vi è da rilevare come un lavoratore a cui sia stata riconosciuta una conciliazione della vita lavorativa con quella privata possa essere, oltre che più felice, anche più riconoscente verso l’azienda tanto da risultare più efficiente e produttivo, poiché consapevole che la sua gestione è affidata alle mani sapienti di un datore di lavoro illuminato che non pensa solo ai ricavi economici ma anche al benessere dei suoi lavoratori.

Viceversa, analizzando le criticità dello smart working dal punto di vista dell’azienda, si può rilevare come siano fondate le posizioni contrarie alla sua applicazione per le difficoltà di esercitare effettivamente e concretamente il potere datoriale in termini di direzione dei dipendenti e di verifica delle attività effettivamente a loro assegnate, oltre che di monetizzare realmente i teorici risparmi energetici per il fatto che i costi fissi immobiliari (energia, utenze, manutenzione, ecc.) permarrebbero comunque a carico del datore di lavoro per la gestione della sede aziendale, seppur con una presenza fisica numericamente inferiore dei propri dipendenti.

In conclusione, dopo aver analizzato i possibili effetti dello smart working, appare evidente come, nel soppesare i suoi aspetti positivi e negativi, la soluzione più efficace per un’ottimale realizzazione del lavoro agile possa essere quella di una moderata e razionale applicazione dello stesso, al fine di ricavarne i benefici maggiori e più redditizi sia per il lavoratore che per l’azienda, in un’ottica di win-win che, mai come su questo tema, può intravedersi come concreta e non solo astratta e teorica. 

L’estremizzazione in un senso – applicazione integrale del lavoro da remoto – o nell’altro – rifiuto totale dello smart working – non comporterebbe altro che una generazione dei soli effetti negativi sopra descritti in ambo le direzioni, del lavoratore e dell’azienda. 

Al contrario, una sua consapevole e misurata applicazione – con la previsione di un’alternanza di lavoro svolto da remoto con quello svolto presso la sede lavorativa – gioverebbe sia all’azienda in termini di attrattività di potenziali lavoratori (attraction) che di mantenimento delle risorse già in organico (retention) attraverso uno strumento di ingaggio a costo zero, che consentirebbe al lavoratore maggiore equilibrio e contemperamento tra i propri interessi personali e quelli lavorativi.

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